La vita di Filippo Bentivegna fu inconsueta e bizzarra. Nacque a Sciacca il 3 maggio del 1888 da una famiglia numerosa e di condizioni modeste e le ristrettezze economiche familiari indussero Filippo a cercare lavori saltuari e di conseguenza a non frequentare le scuole elementari. A vent’anni, nel 1908, si arruolò in marina e vi rimase fino al 1912. Tornato a Sciacca, non trovando lavoro si avventurò in America; lì la vita si rivelò per lui alquanto amara, non riuscì ad inserirsi né a convivere con persone che avevano idee troppo diverse dalle sue, basate sulla discriminazione razziale e sulla sopraffazione. Per la sua indole e per le sue idee poco conformiste venne duramente emarginato. In questo stesso periodo si innamorò di una ragazza americana a causa della quale fu violentemente malmenato dal proprio rivale in amore. Da questo fatale episodio pare sia conseguita un’alterazione del suo carattere. Fatto rimpatriare si stabilì a Sciacca e col denaro guadagnato in America poté comprare un piccolo podere dove trascorse della sua vita dipingendo e scalpellando gli alberi e i massi che estraeva dalle pareti rocciose. Le sue sculture sono tutte diverse e raffigurano personaggi famosi e non a cui dava anche un nome e che, nel suo immaginario, rappresentavano i sudditi del suo regno che egli aveva creato e di cui era Signore”, amava infatti farmi chiamare dalla gente “Sua Eccellenza”. Al centro del podere sorge la casetta dove il Bentivegna viveva, le cui pareti decorate da disegni raffiguranti grattacieli che ricordano il suo soggiorno in America e un pesce che contiene nel proprio ventre un pesce più piccolo che probabilmente simboleggi a la traversata dell’artista all’interno della nave che lo condusse a New York. Si racconta che si aggirasse per le vie della città con in mano un corto bastone che reggeva come se fosse uno scettro autoproclamandosi il “Signore delle caverne” per i numerosi cunicoli che scavava nella terra da cui ricavava roccia viva da scolpire e da cui traeva energia. A causa di un lento declino della sua vitalità, della sua salute e un affievolirsi della capacità creativa si trasferì in un'altra casa al centro del paese da cui periodicamente si recava nel podere che continua a curare fino al termine della sua operosa esistenza. Giunse alla morte, avvenuta nel 1967, all’età di settantotto anni. Un gruppo di 14 opere di Filippo Bentivegna sono esposte presso il Museo dell’ Art Brut di Losanna.
ASPETTO CLINICO
Da tanti viene considerato come un contadino folle e matto, ma non lo era. Sicuramente ha subito un trauma durante gli anni trascorsi in America. Ha realizzato il suo regno in quel podere, scolpendo decine di teste, ma non sapeva contrapporre i colori, se non quelli base come il rosso e il nero. Era un metodico e questa sua meccanicità si ipotizza fosse dovuta ad un trauma del lobo frontale di destra.
Gli idiot savant - o idioti sapienti - sono i soggetti che geneticamente, o in seguito ad un trauma, hanno un'alterazione della corteccia celebrare. Questo danno determina una inattivazione di alcune aree celebrali e l'iperfunzioni di altre. Il danno a livello anteriore, lo stesso che si pensa possa aver subito Bentivegna, fa venire meno il freno inibitorio sulle aree posteriori che sono quelle deputate alla visione e all'immaginazione. Questo determina un aumento della creatività. Alcuni soggetti affetti da autismo infatti, riportano questa incapacità di svolgere banali compiti della vita quotidiana, mentre risultano brillanti in alcuni campi della vita. Hanno abilità eccezionali in singoli settori, spesso associati alla musica, alle arti o alla matematica. Si tratta di individui con ritardo mentale (spesso autistici) che mostrano quello spiccato talento che la critica definirebbe genio. Nel suo modo di vivere, esistono dei tratti schizofrenici ma, a differenza degli schizofrenici, Filippo non si è mai allontanato dalla realtà.
Era nato a Sciacca verso la fine dell'Ottocento e, nel 1913 si era trasferito in America quando i banchi di corallo, nella città marinara, hanno una rapida crisi di vendita e il loro valore di mercato si abbassa notevolmente, e Filippo non sa di che vivere. Sono gli anni del primo grande esodo migratorio che ha visto milioni di italiani, per il desiderio di inseguire il sogno americano e di riscatto, imbarcarsi per raggiungere l’America dei sogni. Sappiamo che, in America, Filippo ha lavorato come pugile e come manovale per una ditta edile, c’e chi dice per una ditta che si occupava della costruzione di tratte ferroviarie. Alcune testimonianze ci raccontano che il trauma che lo avrebbe lasciato in coma per diversi giorni, fosse dovuto ad un incidente sul lavoro; qualcun altro dice che fosse dovuto ai pugni subiti durante gli incontri di boxe, o addirittura a seguito delle percosse subie durante una lite furibonda con il fratello, dopo che Filippo lo avrebbe trovato a letto con la propria donna. La tesi però più avvalorata sarebbe quella secondo la quale Filippo Bentivegna si era invaghito della figlia di un boss mafioso che si oppose al loro matrimonio, e lui non accettò mai il rifiuto. Di certo, a modificare la vita dell'artista, c'è un trauma.
(Tratto dal libro "Filippo Bentivegna - Tra Savantismo e Neuroestetica. Irregolarità e Normalità" autore Dott. Nino Sandullo)